L’epicondilite, o dolore nella parte esterna del gomito, è causata da un’infiammazione dei tendini dei muscoli del polso e dita, nel punto in cui si inseriscono sul gomito, ed è pertanto definita come una tendinopatia laterale del gomito
Davide Tieppo - Fisioterapista Osteopata Giovedì, 05 Maggio 2020
Epicondilite: infiammazione dei tendini che si inseriscono sul gomito
L’epicondilite, o dolore nella parte esterna del gomito, è causata da un’infiammazione dei tendini dei muscoli del polso e dita, nel punto in cui si inseriscono sul gomito, ed è pertanto definita come una tendinopatia laterale del gomito
Colpisce l'1-3% della popolazione, principalmente di età compresa tra i 30 e i 55 anni, ed è più frequente nell'arto dominante.
Viene definita gomito del tennista perché questa attività sportiva mette in maggior tensione i muscoli estensori e molti dei giocatori regolari di tennis presentano questa patologia.
In realtà l’epicondilite colpisce non solo gli sportivi, ma anche coloro che compiono gesti ripetitivi contro resistenza con la mano per lunghi periodi.
Pertanto sono numerosi gli studi che associano questa patologia alle attività lavorative ripetitive tanto che in alcuni paesi hanno stabilito delle linee guida di rischio professionale, ed anche delle linee guida per i medici del lavoro per poter stabilire se la causa è professionale.
Ma non sono solamente tennisti e lavoratori ad esserne colpiti, con l'avvento dei videogiochi numerosi giovani ne sono affetti.
L’epicondilite è una patologia infiammatoria progressiva, legata a microtraumi ripetuti, ed ha quindi un’origine di tipo meccanico.
Il tendine più colpito è un muscolo del dorso dell’avambraccio chiamato estensore radiale breve del carpo. Il suo funzionamento in posizione allungata provoca un ridotto apporto di sangue con conseguente infiammazione e dolore al suo utilizzo. La causa più frequente dell’epicondilite nei tennisti è legata al movimento del rovescio, che spesso viene eseguito con una tecnica sbagliata, determinando una sollecitazione eccessiva sui muscoli estensori.
Nei non tennisti, invece, le cause più comuni sono:
● Sollecitazioni ripetute dei muscoli estensori di polso e dita (cuochi, carpentieri)
● Microtraumi ripetuti al gomito e al polso (es: uso martello pneumatico)
● Deficit di forza dei muscoli estensori di polso e dita
● Squilibri muscolari tra muscoli flessori ed estensori
● Erronea esecuzione di gesti sportivi
● Debolezza della muscolatura di spalla, gomito e polso
● Movimenti ripetuti di rotazione dell’avambraccio e movimenti in cui si piega ed estende il gomito contro resistenza (lavorare con cacciaviti, aprire barattoli, ecc..).
Ma non esistono solo cause muscolari e legate a movimenti ripetuti, si è visto, infatti, che elevate richieste psicologiche al lavoro possono associarsi ad epicondilite.
L’epicondilite si manifesta con dolore sull’epicondilo laterale (parte esterna del gomito) e sulla parte esterna dell’avambraccio, in corrispondenza dei muscoli estensori di polso e dita.
Il dolore ha un andamento di tipo progressivo, all’inizio è solo un fastidio che consente comunque le normali attività quotidiane e professionali, ma, se trascurato, aumenta progressivamente fino ad essere invalidante e a non consentire gesti semplici quali la presa di piccoli oggetti, lavorare con il mouse al pc, tenere in mano una bottiglia nel gesto di versare il contenuto in un bicchiere, svitare un barattolo.
Il paziente generalmente riferisce difficoltà e dolore nella presa anche di piccoli oggetti e nei movimenti di estensione e rotazione di gomito e polso.
I sintomi peggiorano con l’utilizzo dell’avambraccio e talvolta, quando sono molto acuti, si può avere anche una limitazione nell’ estensione del gomito.
Riassumendo, i sintomi più comuni sono:
● Dolore nella parte esterna del gomito che può irradiarsi fino al polso
● Dolore nell'uso del polso e a volte anche del gomito
● Perdita di forza dei muscoli dell’avambraccio
● All’inizio è solo un fastidio ma peggiora progressivamente in poco tempo
● Difficoltà ad eseguire semplici gesti quotidiani
Essendo il dolore di carattere progressivo vengono descritti quattro stadi di evoluzione della epicondilite:
3a) Primo Stadio
Il danno è solo di tipo infiammatorio e non ci sono danni strutturali importanti.
Il dolore compare solo dopo attività importanti e scompare con il riposo o l’uso di un semplice farmaco anti-infiammatorio.
3b) Secondo Stadio
E’ presente un ridotto apporto sanguigno e la formazione di tessuto poco elastico.
Il dolore compare dopo attività non particolarmente intense e non sempre scompare con il riposo.
3c) Terzo Stadio
La vascolarizzazione del tendine è insufficiente e si ha un importante formazione di tessuto poco elastico
Il dolore è presente nelle normali attività della vita quotidiana al punto da condizionarne lo svolgimento.
3d) Quarto Stadio
Il tessuto poco elastico copre una vasta area e si formano delle calcificazioni, ossia deposito di Calcio in strutture elastiche.
Anche le attività più semplici possono risultare dolenti. Il trattamento conservativo può essere inefficace.
Per la diagnosi di epicondilite devono essere presi in considerazione diversi fattori, come l’attività lavorativa e sportiva praticata dal paziente, al fine di valutare se comportino movimenti o sollecitazioni particolari che possano determinare la patologia.
L’esame obiettivo include, oltre alla palpazione diretta sull’epicondilo laterale e lungo i muscoli estensori di polso e dita, l’esecuzione dei seguenti test specifici:
● Test di Mills: il paziente esegue una pronazione contro resistenza con polso flesso e gomito esteso (video del test di Mills)
● Test di Maudsley: si chiede al paziente di effettuare un estensione contro resistenza del terzo dito a gomito esteso (video del test di Maudsley)
● Test di Cozen: il paziente compie un’estensione di polso e dita con gomito flesso contro resistenza (video del test di Cozen)
Tutti e tre i test sono considerati positivi se evocano dolore sull’epicondilo laterale e lungo i muscoli estensori di polso e dita. E’ comunque importante, prima di iniziare qualsiasi trattamento, escludere altre patologie che possono dare un dolore riferito al gomito quali fratture, problemi del nervo radiale o problemi cervicali.
La diagnosi di epicondilite è essenzialmente clinica, e normalmente non si ricorre ad esami strumentali. Nel dubbio, esami quali l’ecografia per la valutazione muscolo-tendinea o una risonanza magnetica possono aiutarci ad escludere altre patologie.
I tempi di guarigione sono molto soggettivi, in genere i sintomi possono persistere da sei a dodici settimane.
Un programma riabilitativo tempestivo riduce i tempi di recupero.
Il trattamento solitamente è conservativo e nell’80-95% dei casi ha un esito positivo. Nel caso in cui i sintomi dovessero prolungarsi oltre i 12 mesi, è opportuno valutare anche un eventuale intervento chirurgico.
È da sottolineare inoltre che l’epicondilite se non viene trattata correttamente può cronicizzare e, in ogni caso, i tempi di guarigione si allungano se vi sono delle patologie associate.
Il trattamento riabilitativo deve iniziare il prima possibile per avere un’efficacia maggiore.Essendo un problema di sovraccarico la prima cosa da fare sarebbe quella di astenersi momentaneamente dall’eseguire quei gesti che hanno comportato l’insorgere del dolore.
Se l’attività che ha creato il dolore è stata occasionale, un gesto mai fatto prima o non fatto da tanto tempo ma che non dobbiamo più ripetere, allora anche il semplice riposo ed evitare di compiere nuovamente quel gesto potrebbe essere sufficiente per risolvere il dolore.
Ma come abbiamo visto, spesso le attività che creano l’insorgere del dolore sono professionali o sportive, ed il dolore è progressivo, pertanto succede spesso che quando una persona inizia a prendersi carico del problema, la cura diventa più complicata ed è indispensabile affidarsi a riabilitatori medici o fisioterapisti.
Non esiste una cura specifica per l’epicondilite, o meglio, nessuna cura si è dimostrata la più efficace in assoluto, ma, diverse terapie si sono dimostrate comunque utili nel risolvere il dolore.
In ogni caso, è utile eseguire un programma di trattamento che preveda una prima fase di lavoro sul dolore con tecniche manuali e strumentali ed una seconda fase con degli esercizi specifici di rinforzo dei muscoli coinvolti.
Di seguito una serie di terapie che si possono eseguire per risolvere il problema.
6a) Uso di Tutori e Ghiaccio
In una prima fase, quando il dolore è molto forte, abbiamo visto che il riposo è la prima terapia da eseguire e l’utilizzo di ausili che possono limitare l’uso dei muscoli del braccio può essere di aiuto.
In particolare, l’uso di ortesi da soli o in combinazione con altre terapie si è dimostrata indicata, contribuendo al miglioramento del dolore e dell’articolarità.
Anche l’utilizzo di bendaggi adesivi come il Kinesiotape sembra aiutare diminuendo l’intensità del dolore.
È importante nella fase iniziale contenere l’infiammazione mediante l’applicazione locale di ghiaccio per 15 minuti 2-3 volte al giorno.
6b) Antinfiammatori
E’ comunemente la prima scelta terapeutica messa in atto. In autonomia, o sotto prescrizione medica, solitamente la prima terapia utilizzata sono i farmaci anti-infiammatori non steroidei per via orale, che possono avere un’azione efficace nel breve termine.
Anche le infiltrazioni dirette sul punto di dolore con farmaci cortisonici si sono dimostrati efficaci solo momentaneamente e possono avere complicazioni.
6c) Dry Needling
E’ una tecnica utilizzata dai fisioterapisti che prevede l’uso di aghi sterili monouso con i quali si va a stimolare dei punti muscolari migliorando la vascolarizzazione locale.
E’ una tecnica che si è dimostrata maggiormente efficace nel lungo termine rispetto all’uso di farmaci anti-infiammatori.
6d) Onde d’Urto
E’ la terapia fisica che ha dimostrato ha dimostrato le maggiori evidenze scientifiche nel trattamento dell’epicondilite, numerosi studi ne dimostrano l’efficacia.
Le onde d’urto sono delle onde acustiche ad alta energia prodotte da un dispositivo elettroidraulico o piezoelettrico e veicolate nel corpo attraverso un sistema che permette di focalizzarle sul punto d’interesse.
In particolare, rispetto ad altre terapie, hanno dimostrato la loro efficacia nel lungo termine, in particolar modo se è colpito l’arto dominante, ed hanno dimostrato ottimi risultati a distanza di un anno dal trattamento.
6e) Tecarterapia
E’ una terapia molto utilizzata in Italia e Canton Ticino, ma poco considerata nel resto d’Europa e del mondo. E’ una terapia capace di creare calore dall’interno del nostro corpo, e tramite il calore, generare delle reazioni chimiche che favoriscono la guarigione riattivando la circolazione sanguigna nella zona del dolore.
Non sono presenti studi scientifici che ne comprovino l’efficacia nel trattamento dell’epicondilite.
6f) Terapia Manuale
La terapia manuale fisioterapica, associata a quella fisica, si è dimostrata molto utile nella risoluzione dell’epicondilite, in particolare le tecniche di mobilizzazione proposte da Mulligam si sono rivelate utili ed il massaggio trasverso profondo proposto da Cyriax si è rivelato migliore di altre terapie.
6g) Osteopatia
Può essere di aiuto nel valutare posture scorrette che implicano un utilizzo non corretto del braccio ed un conseguente sovraccarico.
Alcuni studi studi sembrano dimostrare che possano essere utili le tecniche di muscolo energia di Mitchell, una tecnica craniale nominata v-spread e la terapia cranio sacrale.
Più in generale le tecniche di manipolazione possono aiutare nel preparare muscoli e articolazioni ai successivi esercizi.
6h) Esercizi per l’Epicondilite
Qualunque programma di riabilitazione scelto, con qualunque terapia fisica e manuale eseguita, non può prescindere dall’includere un programma di esercizi di rinforzo specifico.
Anche se limitare ai soli esercizi la terapia darebbe un risultato inferiore rispetto ad un programma combinato alle altre terapie viste.
È fondamentale, una volta controllato il dolore, eseguire esercizi di allungamento e di stretching per la muscolatura estensoria di polso e dita.
Successivamente verranno svolti degli esercizi contro resistenze elastiche o manuali che implicano sia il lavoro in accorciamento che in allungamento dei muscoli interessati, ma anche contrazioni muscolari senza movimento, poiché questo tipo di lavoro combinato si è dimostrato più efficace rispetto a quello che implica un solo tipo di contrazione.
Gli esercizi dovranno includere anche un rinforzo di spalla e polso.
6i) Intervento Chirurgico
E’ indicato quando nessun altro tipo di trattamento è stato efficace, e comunque non prima dei 12-18 mesi dall’inizio del dolore e non senza aver effettuato prima un programma riabilitativo che comprenda riposo, terapie fisiche locali, terapia manuale ed esercizi di rinforzo.
Nei casi dove questi approcci non danno risultati o non sono affrontabili è possibile ricorrere ad un intervento chirurgico che può, in molti casi, ridurre significativamente il dolore.
Normalmente le tecniche chirurgiche utilizzate sono mirate a togliere il tessuto malato del tendine, oppure a rimuovere una piccola parte del tessuto che ricopre l’articolazione.
Proseguire al proprio domicilio gli esercizi fatti in terapia ed anche delle loro varianti se non si dispone di strumenti idonei è fondamentale per dare continuità al lavoro riabilitativo.
Nel link seguente un video realizzato da un collega con esercizi che si possono eseguire a casa.
Esercizi per trattare l'epicondilite
Dopo aver terminato la formazione in Fisioterapia e quella successiva in Osteopatia ho frequentato una formazione specialistica in Osteopatia Pediatrica. Ad oggi ho oltre 15 anni di esperienza professionale ma sempre lo stesso obiettivo: fornire ai miei pazienti l’attenzione e la cura che meritano per aiutarli a ritrovare una condizione di salute.
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